Guerrieri d’Argento – Recensione Finale
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Eccomi dopo un
tempo troppo lungo (purtroppo varie vicissitudini mi hanno rubato tempo
preziosissimo alla lettura) ad aver terminato il libro di Elvio Ravasio “I
Guerrieri d’Argento” e a scriverne la recensione dopo le mie prime impressioni
di qualche tempo fa.
E’ tempo ora di
addentrarci nella struttura del libro, nella trama e nella narrazione, senza
per questo escludere le finalità per cui è stato scritto, come l’autore ha
avuto modo di ricordare più di una volta. Partire da questo ultimo aspetto, che
penso sia necessario per dare il giusto taglio a tutto ciò che scriverò dopo e
a ciò che vorrei trasmettervi su questo libro fantasy.
“I Guerrieri
d’Argento” è un libro per ragazzi o meglio per ragazzi non abituati alla
lettura. Tenetevi bene a mente questo perché tutto ciò è il vero fulcro su cui
si basa ogni giudizio e ogni considerazione sull’opera di Elvio.
La struttura del
libro per ragazzi si ritrova prima di tutto nella mole del libro, decisamente
contenuta, divenendo una sorta di racconto lungo più di romanzo, abituati ormai
negli ultimi anni a veder levitare il numero di pagine dei libri, come se al
giorno d’oggi rispetto a un secolo fa, servissero il triplo delle pagine per
dire qualcosa e dirlo bene. E già qui Elvio riesce a dire tutto ciò che serve
in poche pagine, preferendo uno stile asciutto sebbene non banale né troppo
semplicistico. Diciamo che è perfettamente riuscito anche l’adeguamento della
scrittura alla finalità educativa (beh, perché, un libro fantasy non può essere
educativo secondo voi?) e nel contempo alla finalità narrativa che qualsiasi
opera possiede.
Troviamo così la
classica struttura della narrazione in terza persona ed al passato remoto, in
un italiano piacevole nella sua semplicità, fluido nel correre tra i paragrafi
senza incatenare la mente su costrutti linguistici magari desueti oppure poco
usati ma gettandola in pieno, senza pietà, all’interno della storia narrata.
Ecco il primo enorme pregio che Elvio riesce a mostrare con il libro: è
possibile scrivere in italiano corretto senza tuttavia doversi immedesimare in
novelli Dante o Manzoni, ma semplicemente utilizzando un registro che tutti
possono capire. E sebbene io non riesca a capire come si possa dire che leggere
sia noioso (non è mai la lettura noiosa, sono alcuni libri ad esserlo) di certo
“I Guerrieri d’Argento” non allontanano da questo piacere per la loro
pesantezza o per la loro difficoltà, anzi possono davvero essere una delle
chiavi per aprire e spalancare un mondo nuovo e unico a chi non l’ha mai visto
né affrontato.
Addentrandoci
maggiormente all’interno dell’opera, troviamo un procedere incalzante, che non
ti lascia la possibilità di soffermarti a pensare, perché gli eventi si
dipanano in fretta e così le azioni dei nostri tre protagonisti (o forse solo
due?) che come all’interno di un fumetto non possono mai smettere di agire e di
impegnarsi per riuscire nello scopo che a loro è stato affidato. Penso sia
davvero questa la chiave di lettura, il fumetto nella concezione vicina ai
molti supereroi che ci sono sempre stati presentati, dove una buona parte
dell’introspezione personale viene sacrificata a favore di un ritmo sempre
elevato che non deve mai far scendere la tensione narrativa e intrappolare
nella storia più che nei personaggi il lettore non avvezzo a tutto ciò.
E per favore non
proviamo a dire che per questo il libro di Elvio sia banale, poiché non ha
nulla di banale l’epopea che in poche pagine riesci a percepire per salvare
dalla distruzione certa la terra che gli Immortali governano da tempo immemore.
Non hanno nulla di banale le azioni dei tre giovani protagonisti, Nayla, Elamar
e Gotland, che ciascuno così diverso dagli altri, permettono di creare un trio
davvero interessante per particolarità, per capacità e anche per simpatia. Così
li troverete impegnati in battaglie sanguinose, in prove al limite delle
capacità umane e anche in situazioni e battute divertenti capaci di strappare
più di un sorriso.
E se forse i
dialoghi vengono ridotti al minimo indispensabile per proseguire nella storia,
ma non per questo nella struttura si sente una mancanza, ciò che fanno da
padrone in tutto il procedere del racconto sono le descrizioni in cui Elvio si
rivela essere un vero maestro capace di dare una propria chiave di lettura o
forse meglio sarebbe dire due chiavi di lettura.
Si, perché la
prima parte del libro, la descrizione delle lande di Arìshtar, a partire dagli
altipiani per poi risalire verso il monte Umar sino ad arrivare a Kardon ha un
che di magico. Sono pagine che meritano di essere lette e rilette, perché in
quelle parole, nell’atmosfera data alla città sacra, alla piazza su cui si affacciano
le sette torri dei sette Re e ai pilastri intagliati nella lingua perduta e a
tutto ciò che circonda queste terre, si ritrova una vera e propria atmosfera
onirica che ti prende per mano lanciandoti in un mondo tutto da immaginare ma i
cui tratti sono ormai ben definiti. Forse starò esagerando e per molti starò
citando un nome sconosciuto, ma nelle sensazioni percepite nel leggere e
rileggere queste parole non ho potuto non pensare a quel Lord Dunsany che agli
inizi del secolo scorso apriva la porta ad autori immortali e i cui nomi sono
scolpiti nella nascita del Fantastico. Leggete anche voi queste pagine, fino
all’apparire di Elamar più volte e socchiudete gli occhi lasciando che solo la
vostra immaginazione possa correre senza freni, immortale come i Re guidati da
Arkàdon sanno essere.
La storia vera e
proprio parte come in molti delle tradizioni fantasy e non solo con una
profezia, annunciata e gettata in pasto ai lettori, che vi accompagnerà mentre
seguirete le vicende dei tre protagonisti, scoprendo come non tutto era così
già scritto, come per riuscire nella loro missione serva comunque l’aiuto di
alleati preziosi e unici, arrivando così a scoprire razze credute estinte (gli
omini sono qualcosa di geniale) oppure ormai morte e perse per sempre. E se da
ere ormai i draghi non proteggevano più le terre di Arìshtar, grazie ai tre
prescelti, ancora una volta le scaglie d’argento di queste bestie che non
possono mai lasciarci indifferenti tornano a riflettere i raggi del sole.
Insomma, non
voglio svelare nulla della trama, non voglio togliervi il piacere di leggere “I
Guerrieri d’Argento” consigliandolo senza remore a tutti, giovani e non, magari
leggendolo assieme a qualche ragazzo così da accompagnarlo per mano addentro la
lettura e nel contempo riuscendo a farsi guidare da lui nei meandri di una
fantasia ancora pura, non del tutto schiacciata dal logorio della vita comune.
Non temete gli immortali e seguiteli nel loro cammino contro il Male. E come me
emozionatevi dinanzi alla rinascita dei Guerrieri d’Argento e alla loro
purezza, o ancora dinanzi la carica degli omini che diviene un attacco al
limite del geniale, o ancora dinanzi alle scene di una battaglia epocale
tutta da gustare e da immaginare.
Concludo questa
mia recensione con un piccolo rammarico e una piccola richiesta da fare ad
Elvio. Si tratta di Gotland, uno dei tre protagonisti, forse quello
maggiormente lasciato in disparte e da cui forse ci si aspettava di più. Sono
curioso di vedere ora i prossimi passi di questa epopea, attendendo il secondo
romanzo così da lasciarmi prendere ancora per mano da Elvio Ravasio e perdermi
nelle storie da lui narrate.
Permettetemi,
prima di citare ancora una volta il blog dell’autore, di ricordare che questo
romanzo nasce da una favola che l’autore ha narrato alla figlia. E scusate se è
poco.
A presto con nuove
letture e con un’intervista a Elvio.
Grazie Elvio. A breve anche l'intervista che ti ho fatto.
RispondiEliminaContinua così per tutti noi.
Pierpaolo
Grazie a te, appena la pubblichi la link o subito :)))
RispondiEliminaA rivederci a Soncino